Io sono quella dei grandi bilanci del mio microcosmo. Figuriamoci a fine anno. Figuriamoci alla fine dei primi vent’anni di un nuovo millennio.
Vent’anni di gavetta del 2000.
Vent’anni da apprendisti in un mondo dove i concetti di spazio e di tempo sono stati stravolti.
I “cosa” sono passati in secondo piano rispetto ai “come” e soprattutto ai “perché”. Non per importanza, ma perché troppo basici e non differenziati.
Sono stati i vent’anni delle connessioni: a device, social e persone. Tutti connessi. Iperconnessi e spesso in difficoltà.
Ora pare il momento delle relazioni e tocca impararne la grammatica.
Networking e fundraising mettono sul trono il concetto di reputazione.
I brand iniziano a cercare la via di casa: tornare a curare i mezzi proprietari e usare i social per invitare la gente a casa mi sembra un’ottima cosa da fare.
Stiamo imparando a scrivere per Google (che pare essere rimasto l’unico a leggere), a parlare con i chatbot, a curarci dei microcopy delle call to action.
Vogliamo muovere le persone all’azione, ingaggiarle. E per questo cerchiamo continua ispirazione, formazione, appartenenza.
Community, membership e brand ambassador sono i nuovi luoghi, i nuovi contratti, i nuovi lavori.
Per tanti queste sono parole ancora ignote, per molti sono l’inizio di una fase finalmente matura.
Ehi Google, metti I Will Survive. Ce la stiamo facendo.
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14 dicembre 2019